Chiedo già in partenza scusa per la lunghezza del post, ma sono giunto in possesso di un documento che ritengo doveroso pubblicare in questo spazio per celebrare degnamente (anche se tardivamente) il 25 aprile.
Cronistorico di Mons. Gasparotto
I giorni della liberazione
Mercoledì 25/04/1945
Gli avvenimenti sembrano precipitare. I Tedeschi sono in piena ritirata. Brigata Nera e Autorità fuggitive.
La tensione si aggrava. I Teutoni si ritirano diffidenti e preoccupati. Sparatoria senza conseguenze da parte dei fuggiaschi, disarmo di alcuni di essi, trattative per impedire rappresaglie.
Affluiscono feriti all’Ospedale.
Grandi speranze e grande attesa nella popolazione.
Una coltre funerea copre la diletta Sandrigo questa sera. In paese vi sono cinque morti ed un moribondo, oltre ai parecchi feriti giacenti all’Ospedale, tutti caduti sotto il piombo teutonico: tre dei morti sono forestieri. Li raccolgo orrendamente maciullati.
È la belva che prima di ricevere il colpo di grazia si sbizzarrisce contro chiunque incontra e che pel fatto di essere Italiani crede nemici e colpisce come nemici.
Mentre scrivo queste note, le città della Lombardia, del Piemonte, della Liguria esultano per la fine della loro tragedia. Il Veneto è ancora sotto il tallone del barbaro che vorrebbe tutto stritolare al suo passaggio disastroso verso le sue montagne, verso il suo ultimo covo, verso la tana dove verrà inesorabilmente finito.
Il sangue versato da tante vittime affretti il ritorno della pace e della fratellanza umana.
I caduti sono Azzolin Bruno, Novello Giovanni, ferito grave Garziera Giovanni. Dei forestieri uno è da Vicenza, l’altro da Valli del Pasubio, uno non è identificato. Requiescant in pace.
Anche oggi molto movimento, molte preoccupazioni, molta paura. Mitragliamenti ripetuti ad autocarri tedeschi. Un ferito grave nella famiglia Clavello di San Sisto. Verso il tramonto qualche cannonata da parte di un carro armato tedesco. Violenta reazione da parte degli Americani. Le granate piovono per alcuni minuti dando l’impressione reale della guerra. Non pare vi siano condizioni gravi dal bombardamento. Piccole ferite e fino a tarda ora nessun altro annunzio.
Il grande esercito tedesco è in sfacelo. I soldati nemici passano disorganizzati, stanchi, avviliti, trascinandosi innanzi come possono: carri con buoi, ronzini stanchi, biciclette senza gomme, occhio spento, nessuna alterigia. È il collasso che prelude la morte tanto sospirata dai sofferenti. Questa morte lascia dietro di sé un cumulo di rovine, di morti, di lagrime, di maledizioni.
Alle tre di notte arrivavano le prime truppe americane. Sono stanche, prendono di benevolo assalto
Il mattino domenicale vede passare la colossale meccanizzazione dell’esercito americano. Impressionante è il numero degli autocarri, ma soprattutto quello dei carri armati. Piccoli scontri da parte dei Tedeschi dispersi nel centro del paese. Feriti e morti un po’ da per tutto. La furia tedesca è passata e tutti hanno la sensazione di sollievo e di tranquillità.
Fra tutti narrazione di prelevamenti forzati, di angherie, di ruberie, di mostruosità su donne ed innocenti. Proprio al centro del paese quattro tedeschi a mano armata privano della bicicletta una donna forestiera che portava il suo bimbo all’Ospedale. Il bimbo era atrocemente ferito, sanguinante e voleva la povera madre correre per arrivare in tempo a salvare la sua creatura colpita da una pallottola esplosiva.
La domenica scorre movimentatissima tra sparatorie, la resa dei nemici, il passaggio dei poderosi mezzi meccanici americani, il racconto delle preoccupazioni ormai cessate.
Durante la notte ancora sparatorie e qualche colpo di cannone; nella giornata continua il rastrellamento dei cecchini dispersi, ancora qualche ferito.
Imponente funerale di sei salme, tre parrocchiani e tre delle brigate partigiane. Il tempio è gremitissimo, lo spettacolo è imponente, commovente, insuperabile.
Speriamo che non si abbia mai a rinnovare!
1 commento:
Il mio commento è che ormai non crediamo più a nulla, crediamo solo in quello che ci da un vantaggio, economico o sociale...
Antonio salvaci dal revisionismo
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